La ciclite eterocromica di Fuchs
a cura di Antonio Secchi
Si tratta di una delle forme di uveite piu' frequenti soprattutto in giovane eta', non sempre facile da diagnosticare con precisione, relativamente benigna nel senso che raramente evolve con esiti fortemente invalidanti per il paziente. Entrambi i sessi sono interessati, quello maschile con una leggera prevalenza rispetto a quello femminile. Viene considerata malattia dell'eta' giovanile - con esordio intorno ai 20/25 anni. In realtà' quella e' l'età in cui la malattia diventa generalmente sintomatica - il suo esordio e' estremamente difficile da identificare, e' certamente molto più' precoce, e non sembra azzardato ritenere possa essere collocabile nella tarda infanzia (un paziente che abbiamo avuto modo di seguire a lungo aveva gia' segni morfologici indicativi della malattia a nove anni, ed un quadro clinico completamente patognomonico a 16-18anni). Unilaterale nel 90 % dei casi, e' bilaterale nel restante 10% - quelli bilaterali sono probabilmente i casi più' difficili da diagnosticare, forse soltanto perché' si e' abituati a considerare la ciclite di Fuchs sempre unilaterale e quindi, se l'affezione coinvolge entrambi gli occhi, si pensa più facilmente ad altre possibili diagnosi.
La sua eziopatogenesi e' sconosciuta, anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le indagini che indicherebbero come l'infiammazione possa essere correlabile a malattie esantematiche dell'infanzia, soprattutto alla rosolia. Cio' concorderebbe con un inizio reale della malattia nel corso dell'infanzia. I sintomi della ciclite di Fuchs sono sempre modesti, mai patognomonici, e l'esordio della malattia pertanto e' quasi sempre estremamente subdolo. Qualche lieve arrossamento del bulbo oculare, transitorio ma ricorrente, sensibile a poche gocce di colliri antiinfiammatori. Piu' frequenti le miodesopsie, fastidiose ma solo raramente invalidanti. Qualche vago dolore a localizzazione bulbare, mai davvero significativo. Un offuscamento del visus, tardivo e connesso con la frequente opacizzazione del cristallino che fa parte dei segni canonici della malattia, oppure con addensamenti del vitreo particolarmente rilevanti (nei casi unilaterali, peraltro, anche questo sintomo puo' non essere rilevato dal paziente, che vede benissimo con l'occhio sano). Non ci sono altri sintomi importanti che il paziente sara' in grado di riferire. I segni della malattia sono invece molto più' numerosi e significativi, ed e' indispensabile averli ben chiari in mente pena errori diagnostici grossolani. La reazione bulbare, nella fattispecie sotto forma di iperemia pericheratica, e' - come già' detto - sempre modesta, transitoria (tre-cinque giorni) e sensibile a poche gocce di colliri antinfiammatori. Precipitati endoteliali: sono caratteristici per forma (tondeggianti o stellati), colore (bianco), disposizione (sull' intero ambito corneale e non soltanto nel settore inferiore- triangolo di Arlt - caratteristica di molte altre varietà' di uveite anteriore, non della ciclite di Fuchs), dimensione (piccola). Possono variare di numero a seconda delle poussée infiammatorie, ma non variano per quanto riguarda le altre caratteristiche sopraddette, ed in particolare non tendono a confluire o ad aggregarsi. Camera anteriore: in genere otticamente vuota, o con tracce minime di Tyndall e rarissime cellule nell'umore acqueo. Superficie dell'iride: e' a questo livello che occorre ricercare i primi segni della malattia, e poi seguirne l'evoluzione - la superficie dell'iride, in relazione con il processo abiotrofico che avanza con lentissima progressione nel corso della malattia, tende ad omogeneizzazione e ad appiattimento, con rarefazione e successiva perdita del disegno delle cripte; l'aspetto diventa quasi vellutato; compaiono aree ipocromiche che, in fase tardiva, causeranno quella eterocromia che, anche se non sempre presente, rappresenta un altro segno considerato (forse a torto, perché non sempre è presente) canonico della ciclite di Fuchs. Per una migliore identificazione dei segni iniziali iridei della malattia, e' opportuno confrontare tra loro al biomicroscopio gli stessi quadranti iridei dei due occhi - verranno percepite meglio le variazioni di morfologia che all'inizio possono essere minime, ma che progrediranno col tempo confermando l'ipotesi diagnostica. L'eterocromia, invece, deve essere valutata in luce naturale in quanto la luce del biomicroscopio potrebbe essere ingannevole in questo senso. Tutto questo, naturalmente, sarà' molto più' difficile da valutare in presenza di una affezione bilaterale, dal momento che non sarà' possibile in questo caso confrontare tra loro l'aspetto dei due occhi. Importante un attento esame del bordo pupillare: in una fase abbastanza avanzata della malattia, potranno essere visibili minute aree di atrofia con depigmentazione. Una fluoroangiografia dell' iride evidenziera' in questi casi una rottura localizzata della barriera ematooftalmica con un caratteristico "leakage" filiforme del colorante, che seguirà' i movimenti di convezione dell'umore acqueo: dal basso verso l'alto nella parte profonda della camera anteriore, dall' alto verso il basso piu' anteriormente. Importante anche una accurata osservazione gonioscopica: si osserverà' spesso la presenza di vasi anomali nel recesso, che causano la caratteristica emorragia "filiforme" all' apertura chirurgica della camera anteriore, ma che possono anche avere importanza nella patogenesi del frequente ipertono intraoculare che rappresenta, a nostro avviso, la complicazione piu' temibile che possa verificarsi nel decorso di una affezione di per se' peraltro sostanzialmente benigna. La gonioscopia consentirà' inoltre di visualizzare un altro segno caratteristico anche di altre forme di ciclite, non soltanto della Fuchs: la rarefazione spesso progressiva delle fibre della zonula di Zinn ed un aspetto progressivamente atrofico dell'equatore del cristallino. Si tratta di reperti abbastanza incostanti, di cui peraltro e' opportuno essere al corrente in previsione di un intervento per cataratta, che potrebbe altrimenti complicarsi per una "imprevista" lassita' della zonula con .possibile affondamento intraoperatorio del nucleo nel vitreo. Il cristallino si mantiene trasparente per lungo tempo e, sebbene la cataratta rappresenti una delle caratteristiche qualificanti della ciclite di Fuchs, si tratta di una caratteristica abbastanza tardiva, che esordisce con una opalescenza della superficie posteriore del cristallino, che poi si opacizza "a sottocoppa" e lentamente evolve in cataratta completa. Altri segni molto importanti e praticamente quasi sempre presenti sono rappresentati dalle opacità' del vitreo, sotto forma di tralci, di veli o di addensamenti generalmente avvertiti dal paziente come miodesopsie piu' o meno grossolane che costituiscono uno dei sintomi piu' fastidiosi della malattia. In situazioni particolarmente avanzate potrà' verificarsi un distacco posteriore di vitreo completo. Opacizzazione del cristallino ed opacita' vitreali costituiscono la causa del disturbo visivo soggettivo, che nella maggior parte dei casi, forse piu' spesso dei sintomi dell' infiammazione, condurra' il paziente a visita specialistica.
L'esame del fundus potrà' rivelare, nel 10-15% dei casi, la presenza di cicatrici di retinocoroidite spesso periferica, evolute e pigmentate - l' eventuale rapporto tra tali manifestazioni pregresse (che hanno spesso le caratteristiche tipiche della toxoplasmosi) e lo sviluppo successivo della ciclite non e' mai stato investigato in maniera esauriente. A parte tali cicatrici non sembrano esservi altre alterazioni del fundus che possano essere considerate caratteristiche della ciclite di Fuchs. In maniera sostanzialmente non specifica, una malattia di lunga data con episodi infiammatori molto frequenti e, sempre relativamente, severi potra' nel tempo dar luogo alla comparsa di edema maculare cistoide o cistico, che non rappresenterebbe comunque un segno caratteristico dell'affezione.
In conclusione, un paziente che venga a visita specialistica riferendo blandi episodi infiammatori anteriori transitori ma ricorrenti, miodesopsie, "veli" od offuscamenti del visus, ed evidenzi le anomalie della superficie dell' iride suddescritte (piu' tardi, una possibile eterocromia franca), piccoli precipitati endoteliali diffusi, talvolta neovasi nell'angolo, iniziali opalescenze della superficie posteriore del cristallino, dovrebbe immediatamente evocare un sospetto clinico di ciclite di Fuchs, ed indurre lo Specialista a regolarsi in conseguenza.
La storia naturale della malattia si svilupperà' lentamente nel corso di parecchi anni, in genere senza aggravamenti significativi per la funzione visiva, sino allo sviluppo di un offuscamento significativo del cristallino e/oppure del vitreo. Non esistono esami, clinici o di laboratorio, che possano essere utili a confermare la diagnosi, o comunque importanti nel corso della evoluzione della malattia. Una fluoroangiografia dell'iride puo' essere utile ad avere un'idea della entità' della rottura della barriera ematoftalmica, dal momento che la misurazione della Tyndallometria con il "flare meter" non e' mai entrata sinora nella pratica clinica corrente. E', invece, essenziale un monitoraggio frequente delle tensione intraoculare. La comparsa o, comunque, la presenza di ipertono, infatti, rappresenta un fattore prognostico negativo - come vedremo piu' in la' - in una valutazione prospettica del caso clinico specifico a medio-lungo termine.
E' abitudine classica dire che la ciclite di Fuchs non richiede alcuna terapia. Non e' detto, in realtà', che tale atteggiamento debba essere sempre condiviso in maniera assoluta. E' certamente vero che terapie, soprattutto steroidee, locali protratte o, peggio ancora, sistemiche sono inutili in queste forme, e potenzialmente addirittura dannose, ma qualche goccia di "cortisone" per pochi giorni aiuterà' a risolvere rapidamente l' eventuale recidiva e non vi e' ragione, in pazienti non "responder" in senso ipertensivo, per non prescriverla. Piu' delicato e piu' problematico, invece, l'atteggiamento da raccomandare nei casi in cui l'addensamento del vitreo diventa invalidante - mentre una vitrectomia (piu' lensectomia se presente cataratta) risolverà' la maggior parte dei casi, una scelta comunque interlocutoria potrebbe suggerire - in casi particolari ed accuratamente selezionati - un tentativo terapeutico con iniezioni parabulbari di steroidi (metilpredisolone "ritardo" o cicli di betametasone) avendo ben chiaro in mente che l'eventuale buon risultato sara' quasi certamente solo transitorio, mentre potrebbe accelerare lo sviluppo della cataratta o causare problemi di ipertono.
L'ipertono, precoce o tardivo nel decorso della malattia, rappresenta in realtà' l'evento piu' severo che, quando si verifica, modifica significativamente la prognosi dell'affezione - da sostanzialmente benigna nei casi senza ipertono a (molto) riservata quod functionem a medio - lungo termine nei casi con ipertono. Mentre le situazioni ipertensive precoci sono generalmente sensibili a lungo ai farmaci ipotonizzanti piu' comuni (in attesa di casistiche cliniche esaurienti, peraltro, e' opportuno evitare, se possibile, gli analoghi delle prostaglandine), le cose si complicano soprattutto quando l'ipertono compare dopo l'intervento per cataratta - in tali casi le terapie mediche sono spesso sostanzialmente inefficaci ed il tentativo chirurgico e' molto spesso frustrato da una occlusione piu' o meno precoce della fistolizzazione. La trabeculectomia classica, infatti, con uso peri- ed eventualmente postoperatorio di mitomicina C, 5-FU od altri antimetaboliti, rappresenta la tecnica chirurgica ancora piu' efficace. Altre tecniche più' moderne e certamente meno invasive si rivelano spesso meno efficaci soprattutto nel lungo termine. C' e' comunque da dire che l'insorgenza di un glaucoma secondario postoperatorio e', oggi, molto meno frequente rispetto al passato, in rapporto con la scarsa invasivita' delle tecniche attuali per la chirurgia della cataratta. Sempre e comunque raccomandabile, in questo senso, aprire la camera anteriore in "cornea chiara", mantenendosi per quanto possibile lontani dall' angolo.
L'intervento per cataratta non pone generalmente alcun problema, e la IOL e' di norma tollerata ottimamente. Più' che opportuno, peraltro, eseguire l'intervento su un bulbo totalmente in quiete (eventuali steroidi locali e/o sistemici preoperatori) e farlo seguire da almeno due mesi di terapia steroidea locale adeguata, oltre che sistemica a dosi di almeno 25 mg di prednisone / die, da ridurre sempre molto lentamente. Se l'intervento per cataratta non pone generalmente alcun problema, il recupero funzionale può però essere ridotto o comunque non completamente soddisfacente per il paziente a causa delle opacità' del vitreo che ovviamente continueranno ad essere presenti. Se tali opacità' sono modeste, sarà' opportuno convincere il paziente a convivere con esse, spiegandogliene esaurientemente l'origine ed il significato. Se tendessero occasionalmente ad aggravarsi in maniera significativa ma episodica potrà esere utile, come già detto, il ricorso a qualche iniezione parabulbare di steroidi - sempre e comunque in casi ben studiati e particolari. Se invece le opacità vitreali fossero molto importanti, o comunque invalidanti o non compatibili con una qualità di vita soddisfacente per il paziente, il ricorso alla vitrectomia può essere tranquillamente preso in considerazione, sempre con un supporto terapeutico steroideo adeguato per dosaggi e tempi di somministrazione, prima e dopo l'intervento.
Alla domanda, che il paziente pone spesso, se gli episodi di uveite continueranno a manifestarsi anche dopo l'intervento per cataratta, la risposta non è facile, soprattutto perchè mancano studi clinici adeguati che abbiano considerato il problema in termini statistici. La sensazione clinica è che, dopo l'intervento, gli episodi infiammatori diminuiscano per frequenza e per severità - non mancano peraltro i singoli casi che, invece, contraddicono anche clamorosamente tale ipotesi.
In sintesi ed in conclusione, la ciclite di Fuchs deve essere diagnosticata con precisione, soprattutto per evitare terapie importanti, ripetute e protratte, destinate a non raggiungere lo scopo nella stragrande maggioranza dei casi - ciò, peraltro, non toglie che in certi momenti nel corso della evoluzione clinica della malattia, qualche terapia possa in realtà essere considerata giustificata o addiritura opportuna. La diagnosi è basata esclusivamente sulla valutazione della ceratteristiche cliniche della malattia - non esistono esami di laboratorio che possano essere di qualche utilità. la prognosi è ottima nei casi senza ipertono, molto più riservata nei casi con ipertono, primitivo o secondario. La chirurgia della cataratta, che presto o tardi si manifesterà, non pone alcun problema - fatta eccezione per i casi in cui è presente ipertono. Un ipertono secondario post cataratta rappresenta la complicanza più temibile della malattia, data la scarsa sensibilità ai farmaci ipotonizzanti ed il frequente insuccesso dell'intervento chirurgico - il timing di tale eventuale intervento va scelto con molta attenzione - personalmente ritengo consigliabile posporlo sino a quando si sia davvero convinti che non se ne può fare a meno. Una vitrectomia può essere necessaria allo scopo di rimuovere opacità vitreali invalidanti - non c'è motivo di averne paura, per cui, dopo una esaustiva spiegazione al paziente dei rapporto rischio-beneficio dell'intervento, non ci dovrebbero essere esitazioni a procedere in quel senso. Qualunque atto chirurgico deve essere fatto con una opportuna copertura steroidea, prima e dopo l'intervento, adeguata per quantità e tempi di somministrazione.
Figura 1
A Sinistra: aspetto abiotrofico ed ipocromo dell'iride dell'occhio affetto
A Destra - aspetto normale del quadrante corrispondente nell'occhio controlaterale sano