Malattie Infiammatorie della Superficie Oculare
La Cheratocongiuntivite Sicca, a cura di Stefano Bonini
La cheratocongiuntivite sicca, o “dry eye”, è una patologia multifattoriale delle lacrime e della superficie oculare che causa sintomi di discomfort, disturbi visivi, instabilità ed iperosmolarità del film lacrimale, infiammazione cronica e conseguenti danni degli epiteli congiuntivale e corneale, fino alla loro cheratinizzazione. La prevalenza di dry eye aumenta notevolmente con l’età ed è maggiore nel sesso femminile.
La cheratocongiuntivite sicca non può essere inquadrata come una patologia a sé stante, poiché ad essa possono portare tutte quelle alterazioni della superficie oculare che comportano un’alterazione del film lacrimale. Le cause più frequenti sono: l’ipoproduzione della componente acquosa delle lacrime (di cui la forma più tipica è la sindrome di Sjögren); l’alterazione della componente mucosa delle lacrime, le anomalie della componente lipidica delle lacrime (che ha la funzione di ritardare l’evaporazione delle lacrime); le anomalie palpebrali congenite o acquisite; le patologie autoimmuni o i traumi (ad es. le causticazioni) che portano ad una sofferenza degli epiteli corneale e congiuntivale e della loro innervazione.
In base alle suddette alterazioni si distinguono dunque due categorie principali di dry eye: iposecretivo ed evaporativo. Nel primo, che a sua volta si distingue in dry eye tipo Sjögren (o autoimmune) e dry eye tipo non-Sjögren, si riscontra una riduzione della quantità di lacrime prodotte e quindi in particolare delle componenti acquosa e mucosa del film lacrimale. Nel secondo si riscontra invece una riduzione della qualità delle lacrime, e quindi in particolare della componente lipidica.
Il primo passo per inquadrare un paziente affetto da dry eye è quindi rappresentato senza dubbio dallo studio della qualità, quantità e omogeneità del film lacrimale. Questo è possibile mediante diversi test, tra cui i più usati prevedono l’impiego di strisce di carta bibula per la misurazione della produzione lacrimale (Schirmer test) e di coloranti vitali come fluoresceina, il rosa bengala o il verde di lissamina, per la misurazione della stabilità del film lacrimale (BUT test) e per la quantificazione del danno degli epiteli corneale e congiuntivale (score di Oxford). A questi possono essere aggiunti test più avanzati, come la citologia ad impressione congiuntivale per lo studio delle cellule caliciformi mucipare, o lo studio dell’osmolarità lacrimale.
Qualunque sia la causa alla base del dry eye, si tratta di una condizione responsabile di notevole discomfort, causato non soltanto da secchezza, ma anche da infiammazione ed alterazione di una o più componenti del film lacrimale: per questo motivo la semplice terapia sostitutiva con colliri lubrificanti (Cd. “lacrime artificiali”) od ostruzione del puntino di deflusso lacrimale (Cd. “punctum plug”), non risulta adeguata e sufficiente a risolvere i problemi ad esso correlati. Un’opzione terapeutica aggiuntiva che si è rivelata utile nel trattare i pazienti affetti da cheratocongiuntivite sicca è rappresentata dall’utilizzo topico di Ciclosporina A in collirio (che è volto a ridurre l’infiammazione della superficie oculare). Tuttavia questo farmaco, già approvato per la terapia del dry eye negli Stati Uniti, non è attualmente in commercio in Italia.